L’ISIS e i Social Network

I social network utilizzati quotidianamente dalla maggior parte di noi  contribuiscono  al proselitismo digitale attuato dagli estremisti islamici. Spesso l’immagine di un jihadista non viene associata a quella di un informatico capace di ideare video e pagine ufficiali  in grado di influenzare e persuadere i grandi bacini di utenti dei social, ma semplicemente a quella di un soldato disposto ad uccidere per punire i paesi occidentali considerati “infedeli”.

Come agisce l’Isis nel Web?

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(Immagine originale in licenza CC-BY)

Sono molti i terroristi “invisibili” che agiscono su Twitter, Facebook e YouTube pubblicando stati e video dai contenuti molto espliciti che con il passare del tempo hanno provocato nelle persone reazioni di sdegno, ma anche di simpatia. Ogni giorno gli jihadisti producono migliaia di tweet, che con il passare del tempo ,hanno contribuito a una crescita dei “foreign fighters”, persone di origine occidentale che di fronte al materiale pubblicato decidono di convertirsi e abbracciare i loro metodi di combattimento in nome della giustizia e per la speranza di una vita migliore. Tutto ciò è possibile grazie all’esistenza di un vero e proprio “Califfato virtuale” a cui capo c’è un portavoce e che può contare su altri organi centrali come una stazione radio (al Bayan), una casa editrice (al Himma Library), mensili in lingua inglese ecc.

d11275960f0383a1b435f6b8813b5dd3(Immagine e informazioni tratte dal documento qui riportato)

Come fermare una macchina d’informazione così bene ideata?

Fermare un sistema cosi ben ideato riscontra molte difficoltà, sia per la quantità di informazione che viene ininterrottamente distribuita, sia nel cercare un messaggio sufficientemente forte da poter essere considerato come alternativa a quello islamico.

Tuttavia contro l’Isis è diventata sempre più forte l’azione di Anonymous, una comunità di singoli o gruppi di utenti che quotidianamente si propone di contrastare la propaganda islamica. L’espedienti usati sono molti, come ad esempio l’eliminazione di contenuti pubblicati su profili ufficiali dello stato islamico, ma anche attraverso l’eliminazione degli stessi account che ufficialmente appartengono al coloro che si impegnano online nel proselitismo.

Gianmarco Buonanno.

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